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I coreani amano le crypto e non la DeFi

Secondo recenti studi, i coreani amano le crypto e non la DeFi. In altri termini, sarebbero molto a favore degli scambi crittografici (ossia sulle criptovalute) e poco vicini ai concetti della finanza decentralizzata, che come sappiamo si discosta ampiamente dalla finanza tradizionale.

Esisterebbero diverse barriere, le quali sembrerebbero far propendere gli appassionati ed investitori sul mercato crypto, senza tuttavia considerare in modo massiccio il segmento della DeFi (in qualche modo interconnesso al primo citato).

Oltre alle barriere funzionali, anche le barriere linguistiche, nonché la rigidità del sistema bancario tradizionale coreano, giocherebbero un ruolo cruciale nella disconnessione tra criptovalute e finanza decentralizzata (DeFi).

È bene considerare, come la stessa nazione (nel 2017), abbia contributo al 20% di tutti gli scambi di Bitcoin, mostrandosi il territorio con maggiori scambi sulla seconda crypto per market cap, ossia Ethereum. Cerchiamo quindi di comprendere da vicino da cosa deriva questa peculiarità.

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I coreani amano le crypto e non la DeFi: la vicinanza verso le criptovalute

Alla luce di quanto anticipato, gli analisti si sono sin da subito messi alla ricerca delle possibili cause e dei possibili aspetti che spiegassero perché i coreani amano le crypto e non la DeFi (ossia la finanza decentralizzata).

In Corea del Sud, l’incredibile ascesa di Bitcoin ha trovato ampio seguito, grazie alla popolazione immersa nella rapida adozione tecnologica e appassionata di criptovalute. Studenti e anziani si sono uniti all’ondata digitale, monitorando i prezzi dei Bitcoin, o investendo le loro pensioni in criptovalute.

Questa crescente domanda ha portato a un fenomeno noto come “premio Kimchi”, in cui il prezzo locale di Bitcoin ha raggiunto fino al 40% in più rispetto al prezzo statunitense. La Corea del Sud ha subito una trasformazione notevole, passando da una nazione impoverita a una potenza economica globale, grazie alla rapida adozione della tecnologia.

Questo è stato reso possibile dalla presenza di conglomerati di proprietà familiare chiamati chaebols, un’enfasi sulle esportazioni e una forza lavoro diligente, che hanno contribuito all’ascesa meteorica del paese.

Gli sforzi per accumulare ricchezza attraverso vie tradizionali come immobili e azioni sono diventati meno redditizi e saturi, spingendo i coreani verso strade alternative ad alto rischio. Poiché il gioco d’azzardo è limitato e stigmatizzato per via delle tendenze alla dipendenza, il trading di criptovalute è diventato una sorta di “nuovo casinò”.

In particolare, le altcoin hanno attirato l’attenzione dei coreani per i rendimenti significativi e istantanei che offrono, a differenza di asset tradizionali come l’oro, secondo il ricercatore DeFi, Ignas. Tuttavia, con l’avvento della DeFi (Finanza Decentralizzata), la narrativa sta cambiando, portando a nuove opportunità e sfide nel mondo delle criptovalute.

L’avversione della Corea sulla DeFi

Come detto nelle righe precedenti, nonostante la Corea si sia mostrata da sempre a favore delle criptovalute, giocando anche un ruolo cruciale, non ha mai visto di buon occhio la finanza decentralizzata (DeFi), che continua a non decollare. Le ragioni potrebbero essere molteplici:

  • Sfide nell’esperienza utente: per il comune appassionato di criptovalute in Corea del Sud, la navigazione delle piattaforme DeFi può risultare complicata. La creazione di portafogli, la gestione delle chiavi private e delle transazioni di deposito e prelievo sono percepite come procedimenti macchinosi e poco intuitivi.
  • Fiducia nel sistema finanziario tradizionale: i sudcoreani dimostrano una forte fiducia nei confronti del settore finanziario e bancario del paese. Conoscono bene gli scambi centralizzati come Upbit e Bithumb, che appaiono meno complicati rispetto alle piattaforme DeFi, familiari e comprensibili.
  • Ostacoli normativi: a partire dal 2021, la Corea del Sud ha introdotto severe normative sulle criptovalute. La richiesta di conti bancari con identificazione reale e la registrazione di tutte le transazioni legate alle criptovalute hanno introdotto livelli di burocrazia che vanno contro la natura decentralizzata e aperta tipica delle piattaforme DeFi. Queste regole hanno limitato la libertà che tali piattaforme solitamente offrono
  • Mancanza di risorse educative: gran parte delle piattaforme DeFi si rivolge principalmente a un pubblico anglofono, rendendo difficile l’accesso ai contenuti educativi e alle risorse per gli investitori coreani medi, a causa delle barriere linguistiche.

Note finali

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Sull'autore

Francesco Galella

Francesco Galella è un esperto di economia con una fervida passione per le criptovalute fin dalle loro prime fasi. Grazie alla sua continua ricerca e interesse per l'innovazione nel settore fintech, è sempre aggiornato su ogni sviluppo nel mondo delle criptovalute. Da anni contribuisce con articoli informativi e analitici per le migliori riviste di finanza, trading e criptovalute, condividendo le sue conoscenze e la sua vasta esperienza in materia. La sua capacità di interpretare e comunicare le complesse dinamiche del mercato delle criptovalute lo ha reso una figura autorevole nel settore, apprezzata sia dai lettori che dagli addetti ai lavori. Francesco continua a essere un punto di riferimento per chiunque desideri comprendere e investire nel mondo delle criptovalute.

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